E’ la lingua degli Dèi, usata per creare il mondo all’alba dei tempi. I suoi vocaboli rappresentano il vero nome di tutto ciò che è, e su tutto ciò che è forniscono potere. Il linguaggio arcano confonde le deboli menti dei mortali e solo pochi individui riescono a pronunciarne correttamente i termini: costoro sono detti maghi, stregoni o streghe e la loro abilità deriva tanto dallo studio quanto da un’affinità innata con le forze arcane che permeano il mondo. Ogni oggetto inanimato o essere vivente ha un nome nel linguaggio arcano, inclusi gli uomini, gli elfi, i nani e gli dèi stessi. Un tempo, la conoscenza e la pratica del linguaggio arcano erano molto più diffuse; alcune leggende vogliono persino che i primi uomini lo utilizzassero nel parlare e, così facendo, abbiano contribuito a dare forma al mondo. Anche a secoli di distanza dalla scomparsa della magia, molti luoghi portano ancora nomi in linguaggio arcano, e così sono segnati sulle mappe, senza che alcuno ne conosca il reale significato. Ai mortali non è dato conoscere il proprio nome arcano: esso può essere appreso soltanto al momento della morte, quando gli Dèi chiamano a sè i propri fedeli con il loro vero nome. Pochissimi eletti, cari agli Dèi o da loro maledetti, hanno scoperto il proprio nome arcano durante i giorni della loro vita mortale: così si dice sia stato per Re Rhon Lokart, fondatore di Valle degli Dèi, che obbedì al volere divino erigendo i Nove Grandi Templi, e per Felwin di Ganathea, amato da Amodia; ma anche per Juliet Benquast, la Regina Folle, che uccise e divorò la propria stirpe, e per Kernoleus Alfazard, undicesimo Arcimago di Valle Arcana, bandito per sempre dai reami umani e dai pascoli celesti.
Iscrizioni su oggetti magici:
Iscrizioni all’interno di rituali: Ilur ez herria arin erabili – Tracciata all’interno di un rituale tra le fauci di un gigantesco teschio di rettile
Frasi arcane: Jarrile dei dorr Gailur igarlez mendi Gailur, igarle osoa Zamarra– “Colui che siede sulla cima della torre guardando la cima del monte, vede l’universo intero”.
Iscrizioni su stendardi nobiliari: