Le Lacrime di Xarma

“Sine nomine”

Mentre i nostri sono impegnati negli ultimi preparativi per la partenza una figura irrompe in biblioteca, dove Sekmeth in silenzio sta leggendo un libro. Si tratta di Samael. Effettivamente di un Samael nudo come mamma l’ha fatto. Non le dà spiegazioni sulla perdita dei suoi abiti, né la drow tantomeno ne è interessata. Probabilmente altri pensieri le passano per la testa, ma cercando di mantenere un’aria distaccata si offre di cucire per lui dei nuovi vestiti, modificando quelli elfici (dono del popolo di Allavandrel) che lei si è rifiutata di indossare. Nel frattempo anche gli ultimi elfi rimasti ad Andenir partono per raggiungere il resto della tribù. Nessuno rimarrà in città, nessuno per ora si prenderà cura della sapienza custodita in essa. Proponendosi di ritornare al più presto per aiutare i giovani elfi ad imparare le arti magiche, Briaeros lascia di nuovo Andenir, al seguito della sua imbarazzante compagnia (Samael ora indossa un paio di pantaloni alla zuava e Luixel, sentendosi inutile senza arma, si è fatto forgiare uno spadone di legno da Rakael). 

Dopo lunghe discussioni sulla direzione da prendere il gruppo conviene nello spostarsi verso ovest, raggiungere il fiume, navigarlo ed incrociando le dita arrivare più a nord possibile, poi discuterne ancora lungamente. Al di fuori del passo il panorama è desolante: gli incendi appiccati dalle orde hanno distrutto a macchie l’intera foresta. Il gruppo procede per qualche giorno indisturbato fino ad arrivare al fiume, prima tappa del loro cammino. Dopo essersi accampati, cercano di capire quali sono i mezzi a loro disposizione per costruire le imbarcazioni necessarie. Come al solito le discussioni non portano a nulla di illuminante, e ben presto giunge la notte. Si stabiliscono i turni di guardia e finalmente i giovani avventurieri hanno modo di riposare. Passata una manciata di ore, Luixel si appresta ad affrontare il suo turno: i suoi abili sensi da combattente tutti all’erta, muscoli pronti a scattare, ma non c’è nulla di pericoloso attorno. Estrae la spada e la sventola in un gesto vittorioso. E’ fiero della sua nuova arma. Anzi, pensa, domani chiedero’ a Rakael di plasmarmi una balestra: so perfettamente com’è fatta, sarà un gioco da ragazzi. Con lo sguardo ispirato guarda il cielo, questa idea geniale lo fa sentire al centro dell’universo, sembra che le stelle ammicchino alla sua presenza. Specialmente una. Che ammicca in maniera particolarmente insistente. Figata, pensa. Finisce il turno, sveglia il prossimo e torna a dormire. A colazione, ripensando alla balestra, riferisce vagamente della stella agli altri mentre spiega quanto facile sarebbe costruire una balestra in solo legno. L’intervento dell’elfo crea un tale scompiglio che fino a sera la compagnia non è ancora riuscita a sbloccare la situazione imbarcazioni. Si caccia (poco), si cena (poco), e arriva di nuovo la sera. Il primo turno spetta ad Allavandrel e Sekmeth, che silenziosamente scrutano il cielo. Allavandrel, il peso della salvezza del mondo tutta sulla sua elegante schiena elfica, da questa mattina ha una pulce nell’orecchio che gli sussurra il nome di un compagno ormai quasi dimenticato. Un pazzo che raccontava cose impossibili. Sekmeth invece, non si capisce mai cosa pensi. Lei stessa si chiede come faccia Allavandrel a fidarsi tanto di una drow diffidente della quale storia non conosce nulla, che ha visto uccidere una sua ‘sorella’ dopo un discorso in una lingua che non poteva comprendere. Che da qualche settimana propone insistentemente di procedere sotto terra, idea che l’elfo comunque non trova così improponibile. Allavandrel guarda il cielo, e la pulce si fa più insistente. Effettivamente da nord proviene la luce intermittente di una strana stella. I due decidono di svegliare Alborg, l’esperto in navigazione. Il pirata fissa la stella per qualche minuto, poi discute piano con l’elfo. Non è una stella, è un messaggio. Il messaggio di ricognizione che usano spesso sulle navi verso le imbarcazioni disperse. Ma è fisicamente impossibile che ci sia una nave lassù, potrebbe essere un faro… Allavandrel non ci vorrebbe credere, ma la spiegazione potrebbe essere solo quella. Il resto della notte viene passato facendo esperimenti aerei (grazie ai propulsori di Allavandrel)

 per verificare a che altezza potrebbe trovarsi la luce, e pian piano scivola nella metastronomia, si calcolano curvature terrestri e forze che i nostri eroi non hanno mai nemmeno immaginato.

Alborg e Allavandrel riescono ad escogitare un metodo con cui rispondere al segnale, e così vanno avanti fino all’alba. Stanchissimi per la notte passata in bianco, gli avventurieri passano la sesta giornata all’insegna dell’improduttività.

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