L’Asceta
Ci troviamo così di fronte a questo strano orco: il druido insospettito da quella creatura atipica, urla il vero nome dell’aspetto di Xarma dell’illusione, senza suscitare in lui nessuna reazione. Egli dice che si fa chiamare l’Asceta e di aver e circa 40 anni e che viene dalla città di Muranobe.
Ora ci troviamo nel regno Kudoriosei ad est del perno delle valli
Ci chiama Yokai, o meglio chiama così me e Noxus, dice che siamo entità diverse degli umani, mentre sostiene di non aver mai visto una creatura come D’Arcy
Ci racconta che in quei regni convivono Yokai (elfi orchi troll e cerature con umani), non esistono divinità e che tutto ruota intorno all’onore, quindi ci consiglia di avere un basso profilo e non attaccare per primi, seppur provocati.
Noi diciamo che siam lì per uccidere un mago dagli strani poteri…
A tal proposito ci narra che due anni fa è successa una cosa strana nella capitale di Ikyjong: in antichità il regno era governato dalla famiglia Kobe, ma ad un certo punto la dinastia si estinse senza lasciare eredi. Dopo un periodo di disordini, i nobili, riuscirono a trovare un accordo. Ogni 5 anni ci saranno delle votazioni, che avrebbero designato un nuovo sovrano solo in caso di voto unanime. Pera anni ciò non accadde. Tuttavia due anni fa Mino Senji, colui nel quale scorre il sangue del dragone, è salito misteriosamente al trono, e da quel momento è iniziato un periodo di prosperità.
L’orco infine ci dice di essere lì perché gli sono apparsi degli Yokai che gli avrebbero detto di aspettare lì delle creature che avrebbero cambiato il suo destino.
Ovviamente noi, ancora segnati dagli ultimi avvenimenti, decidiamo di fidarci e ci rechiamo insieme all’orco al villaggio di Kimotoro a circa un giorno di distanza. Il viaggio inizia percorrendo della vegetazione attraverso la quale l’orco si muove con fin troppa agilità e sinuosità per la sua stazza.
Durante un incontro con un commerciante che viaggiava con un carretto con la figlia, scopriamo che qui quella che noi è la lingua comune viene definita la lingua del commercio, mentre la lingua locale è per noi incomprensibile.
Verso sera arriviamo al villaggio difeso da guardie vestite in modo atipico, con un armatura che sembrava fatta di tegole. Dopo una breve discussione con L‘orco ci lasciano passare.
Le case sono tutte basse con tetti a spiovente ricoperte di tegole azzurre, principalmente in legno e quindi facilmente incendiabili: per le strade ci sono tantissime persone e veniamo colpiti dalla raffinatezza degli abiti e dalla pulizie delle strade. Ci sono molte bancarelle con cibo, stoffe e di materiali che lasciano presupporre la presenza di almeno un fabbro nel villaggio.
La gente inizia improvvisamente a disperdersi ed in lontananza sentiamo una musica…
CHAMBARA…CHAMBARA…TAMASHIO…TAMASHIO…Di fronte a noi compaiono tre strani individui: uno ha il viso coperto da una maschera che ricorda un demone sotto un elmo di ferro e porta una spada lunga sottile e ricurva, un altro ha in mano una fiaschetta a forma di pera, una collana fatta di sfere di legno al collo e lunghi cappelli e barba bianca con le gote e il naso rosso, ed alle loro spalle la figura più misteriosa…avvolta in un abito grigio che lasciava intravedere solo gli occhi. Dopo aver scambiato alcune parole con l’Asceta si rivolgono a noi dicendoci che dovevano andare ad uno stagno infestato da degli Yokai e che se il giorno dopo ci saremmo reincontrati ci avrebbero offerto da bere. Ci offriamo di aiutarli ma dicono di non averne bisogno…ci dicono i loro nomi…ma la musica è troppo forte… CHAMBARA…CHAMBARA…TAMASHIO…TAMASHIO…
Ci rechiamo in una locanda, dove non ci sono sedie, ma siamo costretti a sederci per terra. L’oste dopo aver rifiutato il nostro oro (diverso da quello locale) si offre di darci cibo semplicemente in cambio di una benedizione dell’orco. Durante la notte io, il drow ed il druido raccontano le nostre storie all’orco…senza tuttavia parlare della missione che ci accumuna
La mattina seguente decidiamo di recarci da Yocibei, signore locale, che tuttavia non ci riceve e ci fa capire, tramite il suo sottoposto, che è inutile aspettarlo che tanto non ci avrebbe ricevuto: nonostante gli avessimo mostrato la mappa delle valli per la quale il sottoposto pareva mostrare particolare interesse.
Di ritorno dalla casa del signorotto riusciamo ad affittare in una stalla dei cavalli, ma sarebbero stati pronti solo il giorno dopo, nonostante il pagamento antipato. Ci rechiamo in una locanda diversa da quella del giorno prima.