L’opera di recupero delle poche riserve di cibo da parte della comunità di monaci sopravvissuti fu affiancata dai lavori di disossamento e preparazione dei nuovi orti in cui piantare i pochi semi di piante da frutto disponibili. Dopo una settimana di assiduo impegno da parte dei monaci, gli orti furono quasi pronti per la semina. In quella stessa settimana i nostri eroi si dedicarono, chi part time, chi full rime, allo studio intensivo di alcuni dei numerosi tomi e scritti che riempivano la torre-biblioteca. Il druido Racael ed il suo lupo Lycos dettero buona prova di se come cacciatori della poca selvaggina scampata al terribile incendio. Una serata di raccoglimento attorno al falo’, pur nella tiepida brezza notturna di fine Eradar(?) (alias Giugno) fu l’occasione per tentare di convolgere i monaci nei piani di “rinascita elfica” (EP2 🙂 degli elfi Briaeros ed Allavandrel. Nonostante l’accorata, sebbene non molto ispirata, perorazione di Briaeros, la comunità di monaci non si dimostrò incline a perdonare i veri o presunti torti subiti da parte dei nostri eroi. Ne’ il divino intervento di Racael, che portò la benedizione di Amalurra sulle messi appena piantate dai monaci (benedizione vera o presunta, visti gli scarsissimi ed invisibili effetti a breve termine), ne’ l’incendiaria, ed a tratti perigliosa, difesa delle ragioni degli eroi effettuata da Samael e neppure le confuse, sebbene toccanti, argomentazioni dell’odiato Allavandrel riuscirono a smuovere più di tanto l’ostinata testardaggine degli indigeni che convenirono soltanto a lasciare a tutti i 60 sopravvissuti la possibilità di scegliere il totale libertà se seguire gli insegnamenti di Briaeros oppure no. Si stabilì altresì che, a causa della scarsezza delle risorse alimentari a disposizione, da li a 3 settimane la maggioranza degli autoctoni avrebbe abbandonato la valle per cercare cibo e miglior fortuna altrove, con la speranza di tornare l’anno successivo a godere dei (sicuri) frutti della benedizione di Amalurra sulle messi appena seminate. Alla cittadella sarebbe rimasta solo quella decina di individui disposti a sacrificarsi per rimanere a guardia degli orti in attesa del ritorno del resto del gruppo e magari disposti anche a tentare di sviluppare le proprie arti arcane al seguito del saggio Briaeros. Le tre settimane passarono veloci, vedendo molti dei nostri eroi intenti a studiare quanto piu’ possibile delle antiche conoscenze elfiche, esplorandone avidamente gli innumerevoli scritti. Allavandrel e Sekmeth dedicarono parte del loro tempo per “esaminare” ogni indigeno alla ricerca di una qualche scintilla del “dono” ma purtroppo senza alcun risultato. Il “nudo” guerriero elfo Liuxel si premuniva di andare a controllare di persona la devastazione apportata dall’esercito goblin all’esterno della valle. Il suo racconto ridimensionò i rapporti precedentemente ricevuti dagli esploratori indigeni in merito alla distruzione subita dalla foresta ma li confermò nello stimare che il grosso dell’esercito nemico aveva preso la direzione nord, scomparendo quasi all’orizzonte. Al termine delle tre settimane Allavandrel, immerso in una interessantissima lettura di un poema epico elfico in dodecasillabi ermeneutici astrusi, si sentiì disturb… ehm, contattare nuovamente dalla sempre affidabile Ezry che gli comunicava nuove sulla situazione sua e di Igarle. In tale messaggio, che come sempre non prevedeva dialogo, ella riportava all’elfo l’urgenza di andare a soccorrere quanto prima Igarle la quale presagiva grandi sventure se ella non fosse stata presente alla Torre dell’Oracolo, accompagnata da non meno di 7 baldi eroi, il prossimo equinozio di primavera. Messi al corrente i compagni del tenore del messaggio ci si organizzava per prevedere una rapida partenza alla volta dei regni degli umani da effettuarsi tutti insieme con l’eccezione di Briaeros, che, investito del suo nuovo ruolo di maestro di arti arcane, chiedeva qualche ora di tempo per valutare la situazione e prendere così una sua decisione.